Intervista esclusiva a SHADE, che ci parla del film BENE MA NON BENISSIMO e di bullismo
di Alfredo Verdicchio
Intervistare SHADE, uno dei rapper italiani più amati, è sempre piacevole. Lo incontriamo in occasione della presentazione del film Bene ma non benissimo (4 aprile in tutte le sale), film che lo vede protagonista nel ruolo di se stesso e il cui titolo prende spunto proprio da uno dei suoi brani più popolari e di successo.
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L’INTERVISTA
Come è nata la tua partecipazione a questo film?
Mi ha chiamato Francesco Mandelli, mio grande amico, e me lo ha proposto dicendomi che secondo lui era il film giusto per me. E in effetti io, che tra l’altro ho dovuto subire a mia volta episodi di bullismo da piccolo, sono stato ben felice di accettare. È un tema sul quale non bisognerebbe mai abbassare la guardia perché il bullismo è un tema reale, concreto…
Hai qualche ricordo di quel brutto periodo nel quale fosti bullizzato?
Il periodo più brutto fu durante le medie. I miei mi avevano iscritto in una scuola privata importante. Mio papà faceva il meccanico e quando prendevo un brutto voto ci rimanevo malissimo ma alla mia delusione si aggiungeva anche lo scherno, la presa in giro degli altri compagni. Era una specie di pressione psicologica continua. Ad esempio sapevano che io ero meridionale e quindi una volta la battutina, un’altra volta la presa in giro vera e propria, un’altra volta un dispetto…
Pensi si stia facendo abbastanza per il bullismo?
Penso che bisognerebbe fare molto di più. Ma, vedi, c’è molta cattiveria in giro, molta rabbia. Basta dare un’occhiata ai social e ti rendi conto della frustrazione di tante persone. Prendi la mia partecipazione a Sanremo con Federica Carta: alcuni commenti su FB erano pazzeschi, intrisi d’odio assolutamente gratuito! Io ormai come dire ci ho fatto il callo ma capisci che a certi livelli questa aggressività non riguarda solo i ragazzi ma anche tantissime persone forse frustrate dalle proprie vite.
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Credi che i social possano aver fatto da catalizzatore per gli episodi di bullismo?
Certamente hanno contribuito parecchio. È come se ci fosse una specie di impunità, è come se a volte convogliassero la rabbia diffusa di cui ti parlavo prima.
Pensi di continuare con la strada della recitazione?
No no assolutamente! (ride ndr)! Qui mi è andata bene perché facevo me stesso ma vestire i panni di un altro non ne sarei capace, troppo difficile.
Però sei un doppiatore…
È vero! Ma sai, un conto è starmene chiuso in una cabina di doppiaggio a dare la voce un altro è proprio espormi fisicamente è molto diverso.
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